La Colonia felice: utopia lirica (terza edizione)
tutta un'annata, non èrano quasi più, parte perdute in un orbìssimo abuso, parte distrutte da quella ferocia stolta, che gode, men del proprio
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sè stessi, approvàvano a lui. Il tenue suo sagrificio di amore proprio, che gli era, del resto, pagato in tanto favore, salvava il loro; nè la
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gruppi, e, tra essi quello spiccava del Nebbioso e di Gualdo, ritti in pie', mano in mano, silenti, intanto che Forestina, in mezzo assisa su 'n cespo
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, quasi tementi incresparle, pur con un rùvido sguardo, il piano specchio del sonno. Ma la fragilità della bimba risovveniva la dura vita che la attendeva
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fiori olezzanti il perìcolo; èrano gemme strappate alla inonora oscurità e ridonate al pregio del lume; èran pugnaci aquilotti, ancor trapassati da
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di augurio tristìssimo. S'udiva intanto il risucchio del fiotto contro la lunga costiera, e in lor suonava gemendo. Parèa meno uno sbarco che un
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deportati non s'èrano più riveduti. Si fissò un giorno. Arrivò, e il convegno ebbe luogo alle case del Letterato. Molti, che già le avèan disfatte, si èran
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bujo ancora del sonno, a trovarsi, dopo le imaginate lusinghe di una libertà senza fine, misurata la vista e il respiro, il piede tra i ceppi, e tra i
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invocare, tra gente cui non potèvano finger bontà o pretènderne, obbligati a ricominciare la vita, essi della già corsa astiosi. E l'agonia del giorno
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negli amplessi delle inviolate foreste - muta rampogna all'uomo del suo perduto rigoglio e della perduta innocenza - e tra il fragore dei diroccianti
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confidenziuccie a degli invisìbili èsseri, e cinguettando sogni, finì a reclinare, accarezzata dal sonno, la flava testina sul dorso paziente del cane, ella ed
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, trovò Mario il Nebbioso che lo attendeva a pie' fermo, tinto del color di quell'ora. E Mario piantàvagli in faccia due occhi di brama, e l'inchiesta: - Mi
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l'hai tolto. Tu mi adescasti, o maliarda, a sospirar la catena, me l'apprendesti a portare, mi hai piegato a baciarla. Per tè, conobbi il sapor del
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! temeva le proprie. Vedendo quell'angioletto dal latteo àlito e dalle succose carnine, che, benchè ignaro del male, gustava il bene, egli fu astretto
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vita. Io non sono più mio; son del rimorso, spàsimo muto, insaziàbile fame ... Perchè tu devi sapere (e oh meglio sarebbe che la tua vèrgine mente